domenica 14 maggio 2023

ASSOCIAZIONE HIKIKOMORI ITALIA GENITORI

 




2017-2023

- Sono entrata in questo gruppo sei anni fa.
- No dai, non è possibile?
- Sì sì è così, compiono 6 anni i nostri gatti.
- Ah è vero.
- E allora che ci fai ancora qui?
- Fondamentalmente non lo so. Però ogni tanto devo farci capolino, perché non posso dimenticare che quando navigavo nel buio, durante la tempesta, qui ho trovato un approdo.
- Certo, capisco questo sia importante. Ma tuo figlio sta bene?
- Sta bene, esce, ha alcuni impegni settimanali. Le novità possono essere ancora un po' difficili, ma adesso decide di affrontarle. Sta facendo il suo percorso di vita. Ora mi limito a fare il genitore e a volergli bene.
-Allora davvero c'è qualcosa di più profondo perché ogni tanto scrivi.
-Si, credo ci sia.
-E riesci a condividerla?
-Ci provo, ma non è facile. Perché è qualcosa che ti cambia nel modo di sentire e vedere e vorresti parlarne, ma a volte ti sembra di parlare una lingua diversa. Sì è un po' così: comprendere il ritiro è imparare una nuova lingua. Una lingua della minoranza. Fai conto degli indiani Cheyenne.
-Dai provaci.
- Ok ci provo. Ma non arrabbiarti se ti dirò cose che sembrano incomprensibili. Al limite vai su Dwolingo e prova a vedere la traduzione.
- Vai.
- Ok. Non ci ritira perché si è pigri, indolenti, svogliati. Non si sta in casa perché si vuole fare il bambino viziato. Né perché i nostri genitori hanno messo poche regole.
Né perché si ha un disturbo mentale. Né perché si è diventati dipendenti dai videogiochi. Ci si ritira perché fuori si sta male. Molto male. Tanto male da fare scegliere ad un ragazzo o un giovane di non uscire più di casa. È un dolore immenso, paralizzante, che blocca lo sviluppo evolutivo e non fa spiccare il volo. Il corpo si blocca. E non si va più in scena. La causa prevalente è la pressione sociale del rispetto di standard elevati. L'emozione madre è la vergogna. E diventa l'emozione madre anche dei famigliari. Socialmente inadatti.
-Ti vedo commuovere.
Si mi commuovo ancora. Troppa sofferenza sociale. E di fronte a questa sofferenza la società, anziché aiutare, fa ancora più pressione e così noi genitori la facciamo sui figli. "Vai a scuola, trova un lavoro, vestiti, lavati, smetti di giocare". Andiamo alla ricerca di una diagnosi che prima o poi si trova, come le malattie quando si fanno tac e risonanze. E questo, finalmente, spiega perché nostri figlio è socialmente inadatto. Non è colpa nostra.
-Sei dura!
-Si lo sono, lo so. La nuova generazione si sta ritirando dalla vita sociale e noi sappiamo solo giudicarla e premere ancora di più. Dobbiamo stanarli e normalizzarli per tornare ad essere genitori normali.
- La fai facile è difficile. Che altro possiamo fare?
- Possiamo lavorare su di noi. Sulla comprensione profonda di ciò che è avvenuto. Possiamo cambiare lo sguardo. Possiamo cambiare il modo in cui viviamo, parliamo, mangiamo. Possiamo ascoltare. E dare fiducia.
- No, non è possibile: mi dici che dovremmo stare con le mani in mano mentre nostro figlio butta via gli anni migliori della sua vita?
- No, ti dico i solo le parole di Tamaki Saito, avere bocca piccola e orecchie grandi. Ascoltare con il cuore. Parlare poco e senza giudizio e con benevolenza. Ascoltare i segnali che dicono che ci sono aperture e lì essere presenti.
- Sembra quasi un percorso zen
- Credo che, in fondo, lo sia.
- Un'ultima cosa: ma perché è accaduto proprio ai nostri figli?
- Se allarghiamo lo sguardo vediamo che i giovani stanno attraversando una fase storica di profondo malessere. Proprio ora che il benessere materiale è all'apice, paradossalmente.
Perché si ritirano proprio i nostri figli? Un cocktail di fattori difficili da dipanare: genitori molto regolanti, sensibilità particolare dei ragazzi, eventi traumatici, contesti educativi giudicanti... Una volta compreso questo, andiamo oltre. Il contesto che può riparare di più è quello della famiglia, perché è il più vicino al ragazzo. Per questo i genitori devono imparare la lingua degli indiani Cheyenne.
-Ma è difficile!
-Si è difficile, ma ne vale davvero la pena!
PS: grazie ad una amica speciale, che mi regala riflessioni mai scontate e mi fa rimettere in discussione ogni volta che mi siedo sulle mie certezze.

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